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Recensione: Franck Thilliez, C'era due volte

  • Immagine del redattore: Alessandra Spanò
    Alessandra Spanò
  • 12 nov 2021
  • Tempo di lettura: 4 min

AUTORE: Franck Thilliez

TITOLO: C’era due volte

ANNO DI PUBBLICAZIONE: 4 novembre 2021

COLLANA: Darkside

PAGINE DEL VOLUME CARTACEO: 480

PREZZO VOLUME CARTACEO: euro 18,50

PREZZO E-BOOK: euro 9,99

Quando, sull’onda della curiosità, lessi il thriller di F. Thilliez, Il Manoscritto, rimasi avvinta dall’ambientazione, dall’intreccio e dal disegno dei personaggi e dei luoghi. Ma (ed è un ma bello grosso), l’ultima parte del libro mi deluse profondamente, oltre che farmi notevolmente innervosire. Di fatto non esisteva un finale o, a prima vista, non si comprendeva quale dei due antagonisti avesse la meglio nel loro scontro finale. Ho immaginato che in un prossimo libro, l’enigma si sarebbe sciolto con un continuo della vicenda. No, Thilliez non appartiene alla schiera dei “banali” scrittori di gialli o di thriller, che alla fine guidano il lettore, dopo una serie di inaspettati colpi di scena, all’incredibile ma chiaro finale. Thilliez è sottile, volutamente e profondamente enigmatico, specializzato in sofisticatissimi giochi di specchi, di apparenze, di illusioni. È un vero prestigiatore della parola, alle spalle o al di sotto della quale può nascondere di tutto con grande maestria. Quando ho scoperto il trucchetto celato nel finale de Il Manoscritto, confesso che ci rimasi male per non esserci arrivata da sola, anche se devo ammettere che non ero preparata per questo genere di thriller “enigmatico” nel senso letterale del termine. Mi sono riconciliata con l’Autore dopo la lettura de Il Sogno, complesso quanto si voglia, ma con un filo d’Arianna che permette al lettore di addentrarsi nella vicenda e di uscirne grato e affascinato dalla vicenda e dallo stile.

Ora, grazie alla squisita cortesia di Fazi Editore, ho potuto leggere sul mio iPad l’ultima fatica dell’Autore francese, C’era due volte, pubblicato ai primi di novembre in Italia con un titolo che ricalca perfettamente l’originale francese.

Di seguito la sinossi, così come presentata dalla Casa Editrice:


“Nel 2008, in un piccolo paese di montagna, il tenente Gabriel Moscato è alla disperata ricerca della figlia, diciassettenne piena di vita scomparsa da un mese. Uniche tracce la sua bicicletta, i segni di una frenata e poi più nulla. Deciso a indagare sull’hotel due stelle dove la ragazza aveva lavorato l’estate precedente, Moscato si stabilisce nella stanza 29, al secondo piano, per esaminare il registro degli ospiti. Legge attentamente ogni pagina, prima di addormentarsi, esausto dopo settimane di ricerche infruttuose. All’improvviso, viene svegliato da alcuni suoni attutiti. Quando si avvicina alla finestra, si rende conto che piovono uccelli morti. E ora è nella stanza 7, al pianoterra dell’hotel. Si guarda allo specchio e non si riconosce; si reca alla reception, dove apprende che è il 2020 e che sono dodici anni che sua figlia è scomparsa: la memoria gli ha giocato uno scherzo crudele. Quello stesso giorno il corpo di una giovane donna viene trovato sulla riva del fiume Arve…”


Questo romanzo, dal ritmo serrato, calante solo in una manciata di capitoli, descrive una storia dura, implacabile, terribilmente dolorosa, sulla costante scia del doppio, due padri, due figlie, due vicende, una scritta e l’altra vissuta. Ed è qui che il ponte sospeso della narrazione fa attraversare al lettore il baratro funambolico che lega apertis verbis i fatti di cui si parla in C’era due volte, con i fatti descritti ne Il Manoscritto, il cui autore, nella finzione metaletteraria è uno dei protagonisti, già morto, di C’era due volte. E il lettore va incontro, col continuo rischio del precipizio sotto i suoi piedi, ad una serie di trappole, giochi linguistici, numerologici, labirintici, che intessono la narrazione ad ogni pagina. Senza contare il ricorso ai meccanismi neurologici dell’amnesia traumatica, che, tornando alla scelta del doppio, già fanno di Gabriel due uomini in uno o, per meglio dire, un uomo diviso in due, una sorte di Giano bifronte, dalla personalità ferita dalla scomparsa dell’amata e giovanissima figlia. Il tema della morte è dominante, una morte dissacrata, esposta, scientemente raggiunta con immane crudeltà e accanimento. All’interno di un’atmosfera così orribilmente cupa, i giochi enigmistici sembrerebbero quanto di più lontano e inopportuno ci possa essere, ma l’abilità consumata di Thilliez riesce a fondere il tutto in un insieme coerente, ma misterioso, palese, ma nascosto, piano, ma circonvoluto, definito scientificamente, ma indecifrabile.

Chi ha letto già Il Manoscritto, si troverà a respirare un’atmosferica orrorifica, ma in un certo senso familiare. Chi non lo ha letto, viene consigliato dallo stesso Thilliez (nelle note dell’Autore stampate, manco a dirsi, capovolte) di iniziare da lì e poi proseguire con il secondo romanzo, concentrando la propria attenzione, in particolare sulle ultime pagine rovesciate di C’era due volte per evitare non volute e quanto mai inopportune rivelazioni. Io consiglio in ogni caso i lettori di leggere prima il Manoscritto e poi C’era due volte in successione ordinata per avere maggiori possibilità di affrontare da vincitori gli enigmi ed i trabocchetti di cui sono disseminati i due romanzi ed anche per trovare una spiegazione letteraria a quella metaletteraria, con il suo incredibile doppio finale con avvitamento per rinvenire la soluzione definitiva dell’intera vicenda. Buona lettura e che i Neuroni siano con voi!




 
 
 

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