RECENSIONE - Il Ghostwriter di Robert Harris
- Alessandra Spanò
- 8 dic 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 3 gen
AUTORE: Robert Harris
TITOLO: Il Ghostwriter
LUOGO EDIZIONE ITALIANA: Milano
CASA EDITRICE ITALIANA: Mondadori
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2007
FORMATO: Copertina flessibile
PAGINE: pp. 294
Il ghostwriter di Robert Harris, pubblicato nel 2007, è un thriller psicologico che si intreccia con la politica contemporanea, offrendo una riflessione acuta sul potere, la manipolazione e la verità. Ambientato tra gli Stati Uniti e un’isola solitaria, il romanzo segue il protagonista, uno scrittore professionista senza nome, incaricato di completare le memorie di Adam Lang, un controverso ex primo ministro britannico. La narrazione si sviluppa in un’atmosfera densa di tensione, dove la realtà politica si mescola con la finzione in modi che riflettono la contemporaneità, ponendo questioni etiche e morali centrali. Harris, giornalista e romanziere, costruisce un’opera capace di unire un’avvincente trama di genere con una profonda esplorazione dei meccanismi del potere.
Questo romanzo si colloca all’interno del thriller politico, un sottogenere che mescola intrighi di potere con suspense narrativa. Harris attinge alla tradizione del romanzo spionistico di autori come John le Carré, ma declina il genere in chiave moderna, mettendo in scena conflitti post-11 settembre legati alla politica internazionale, al terrorismo e al ruolo dei media. Il romanzo è anche un esempio di meta-fiction, in quanto riflette sul processo creativo stesso: il protagonista è uno scrittore che lavora dietro le quinte, invisibile al pubblico ma cruciale per la costruzione della narrazione ufficiale di una figura pubblica. Questo aspetto meta-narrativo si collega a una tradizione di opere che esplorano i rapporti tra realtà e rappresentazione, come Il talento di Mr. Ripley di Patricia Highsmith o The Public Image di Muriel Spark.
Harris costruisce un mondo che, pur essendo fittizio, è chiaramente ispirato a eventi e figure reali, come l’ex primo ministro britannico Tony Blair e la sua gestione della politica estera durante la guerra in Iraq. L’isola dove si svolge gran parte della narrazione è un luogo simbolico: fredda, desolata e claustrofobica, riflette l’isolamento emotivo e politico del protagonista e di Adam Lang. La cura nei dettagli ambientali, dalla villa superprotetta alla pioggia incessante, crea un’atmosfera opprimente che amplifica la tensione narrativa. L’ambiente non è mai neutrale, ma diventa parte integrante del dramma, sottolineando i temi del controllo e della prigionia, sia fisica che mentale.
La struttura del romanzo è lineare ma stratificata, con un climax che arriva gradualmente attraverso la scoperta di indizi e rivelazioni. Harris utilizza un narratore in prima persona, il che restringe il punto di vista ma aumenta il coinvolgimento del lettore, che scopre gli eventi insieme al protagonista. La progressione narrativa segue il modello del thriller classico, ma Harris interrompe la linearità con flashback e riflessioni del protagonista, che arricchiscono la profondità psicologica. La divisione in capitoli segue un ritmo cinematografico, con tagli netti e dialoghi che mantengono alta la tensione.
Il protagonista, il ghostwriter, è un personaggio senza nome, una scelta deliberata che sottolinea la sua natura anonima e il suo ruolo secondario rispetto agli eventi. Adam Lang, carismatico e contraddittorio, incarna il politico moderno: abile nel manipolare l’opinione pubblica, ma vulnerabile alle forze che lo circondano. Ruth Lang, sua moglie, è un personaggio enigmatico, che oscilla tra il ruolo di confidente e possibile antagonista. Ogni personaggio secondario, dai collaboratori politici agli avvocati, è costruito con precisione, contribuendo alla complessità morale della narrazione.
Il romanzo esplora temi universali come il potere e la sua corruzione, il ruolo dell’individuo nella costruzione della storia e la fragilità della verità. Harris riflette anche sulla natura del processo creativo e sull’identità, mettendo in discussione il confine tra realtà e rappresentazione. La manipolazione dei media e l’influenza dell’opinione pubblica sono temi centrali, che anticipano questioni oggi ancora più rilevanti, come la disinformazione e le fake news.
Harris adotta uno stile sobrio e preciso, caratterizzato da dialoghi incisivi e descrizioni dettagliate ma mai eccessive. L’uso del narratore in prima persona consente un’immersione immediata, ma la sua inaffidabilità introduce un livello di complessità che sfida il lettore a decifrare ciò che è vero. La tensione è mantenuta attraverso un’alternanza tra scene di azione e momenti di introspezione, con un ritmo che ricorda quello di un thriller cinematografico.
Occorre decisamente apprezzare la capacità di Harris di combinare intrattenimento e riflessione politica; il romanzo ha guadagnato uno status di cult, anche grazie all’adattamento cinematografico di Roman Polanski, che ne ha amplificato la risonanza. Il ghostwriter è considerato un’opera chiave per comprendere il thriller contemporaneo e il rapporto tra narrativa e attualità politica.

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