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RECENSIONE - J. Dicker, Il caso Alaska Sanders

  • Immagine del redattore: Alessandra Spanò
    Alessandra Spanò
  • 2 giu 2022
  • Tempo di lettura: 2 min

AUTORE Joël Dicker TITOLO Il caso Alaska Sanders

TITOLO ORIGINALE L'Affaire Alaska Sanders DATA DELLA PRIMA EDIZIONE ORIGINALE 2022

LUOGO DI EDIZIONE Milano

DATA DI EDIZIONE IN ITALIA 2022

CASA EDITRICE La Nave di Teseo

COLLANA Oceani

PAGINE 613

PREZZO EDIZ. CARTACEA 22,00 euro


A due anni di distanza dalla sua ultima produzione letteraria (L'enigma della camera 622), l'autore svizzero Joël Dicker torna con un nuovo romanzo forse più tradizionale rispetto alla sua vena creativa: un poliziesco che indaga sull'omicidio di una giovane donna che, chiuso in maniera frettolosa, è destinato a riaprirsi come doloroso un vaso di Pandora.

Dalla prima all'ultima pagina verità, contro-verità, omertà, testimonianze contraddittorie e segreti che non si riescono a dipanare, si abbattono sulla "strana coppia" di investigatori, il Sergente e lo Scrittore, che hanno già lavorato forzatamente insieme a un caso precedente, quello che vide coinvolto un mostro sacro della letteratura del tempo, Harry Quebert.

In effetti questo romanzo vede riapparire il mentore dello Scrittore protagonista, di cui non si avevano più notizie da diversi anni e, come se non bastasse, i cugini e gli zii Baltimore (protagonisti di un altro splendido romanzo di Dicker). Questa doppia "operazione nostalgia", a mio avviso, distrae dall'indagine sul caso Sanders perché si insinua in modo un po' posticcio nella matassa già intricata delle indagini.

Sospetto che si tratti di una pura operazione di marketing, ma attendo smentite.

I frequentissimi salti temporali avrebbero bisogno di una mappatura da parte del lettore poco abituato allo stile dell'autore, perché sono veramente tanti.

I personaggi secondari purtroppo non hanno un grande spessore narrativo, sono figure a due dimensioni, di cui non viene indagata in alcun modo la psiche e l'animo. Sono modelli che spesso si ritrovano nei libri di Dicker con nomi e ruoli diversi, ma nella sostanza sempre uguali.

Il personaggio più riuscito è quello del Sergente Gahalowood, burbero nella facciata, sagace investigatore, marito e padre devoto. In questo romanzo subirà una notevole evoluzione e sarà anche capace di consigliare il suo più giovane e a volte distratto "collega per caso" nei suoi girovagare senza meta da un luogo all'altro, da una donna all'altra.

Lo stile è molto scorrevole, la curiosità di svolgere la matassa fa restare il lettore incollato alle pagine, i dialoghi sono semplici, ma serrati. Anche qui la ricerca stilistica di una maggiore profondità manca: se un personaggio piange, si presume che lo faccia perché triste e così via.

La trama, in generale, è veramente ben congegnata e ricca di cambi di fronte e colpi di scena, non ultimo il finale, che però secondo me convince fino ad un certo punto.

Questo libro sta a metà strada tra La verità del caso di Harry Quebert ed il trash circense e inverosimile dell'Enigma della camera 622.

Le potenzialità di Dicker non sono espresse al massimo. Ci sono dei punti di forza, nella sua scrittura, che meritano di essere sviluppati. Ci sono dei punti di debolezza che dovrebbero essere mitigati notevolmente.

Più introspezione, meno maschere e modelli ripetuti, più originalità (che non significa stravaganza incoerente) possono fare di Dicker uno degli autori più interessanti del genere thriller-poliziesco e non solo.

Ad majora, Monsieur Dicker!




 
 
 

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