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RECENSIONE - JOJO MOYES, L’ULTIMA LETTERA D’AMORE

  • Immagine del redattore: Alessandra Spanò
    Alessandra Spanò
  • 15 feb 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

AUTORE Jojo Mojes

TITOLO L’ultima lettera d’amore

ANNO DI PUBBLICAZIONE (in Italia) 2011. Prima edizione originale, 2010

LUOGO E CASA EDITRICE Roma, Elliot

COLLANA Scatti

PAGINE dell’edizione cartacea 488

Leggendo L’ultima lettera d’amore, sono in parte uscita dalla mia comfort zone, come si usa dire adesso per indicare l’abituale ambito di letture preferite, e mi sono riavvicinata al romanzo rosa, che era un genere letterario tipico delle mie letture estive quando ero adolescente.

Però qui ci troviamo davanti non ad un romanzetto, ma ad una sorta di romanticismo d’autore. Jojo Moyes è autrice di fama non immeritata, ha scritto romanzi che hanno fatto commuovere e discutere mezzo modo, da cui sono stati anche tratti film di grandissimo successo: uno per tutti Io prima di te. E da questo stesso romanzo è stato tratto un altro film.

Il libro è diviso in tre parti, per un totale di 488 pagine. I capitoli sono lunghi, complessi, e preceduti ognuno da una intestazione a tema con l’argomento fondamentale del libro, che è quello dell’amore impossibile. La narrazione si svolge su due piani temporali (la prima metà degli anni Sessanta del XX secolo ed i nostri giorni). Nonostante la scorrevolezza del linguaggio, i due piani temporali non sono ben scanditi, si sovrappongono e non è facile tenere le fila della narrazione.

La trama impacciata e attorcigliata, comunque, non è il solo limite del libro: lo è anche lo stile stucchevole e melenso che emerge per buona parte del libro, quando si narrano le vicende della protagonista contemponea. Questi due piani, inoltre, si intrecciano tra loro e sono inframezzati da stralci più o meno lunghi tratti dalle bellissime lettere d’amore che il misterioso amante e amato scrive alla prima protagonista, Jennifer. Il suo personaggio e le sue vicende sono la parte più riuscita del romanzo. Lei è regale e fragile nello stesso tempo, nei modi, nell’eleganza interiore ed esteriore, si sacrifica stoicamente per quello in cui crede, è capace di gesti forti, di crescita, consapevolezza interiore e fermezza di carattere. La seconda protagonista, Ellie, che vive ai nostri giorni, mi ha suscitato parecchia antipatia: è snervante in ogni sua mossa ed in ogni suo pensiero. Le tocca, per scelta, il brutto ruolo della rubamariti che in una scena del romanzo viene svelato in tutto il suo squallore nel breve, ma drammatico confronto con la moglie tradita, sciupata fisicamente dalla vita, ma forte nell’animo. Ellie è viziata, arrivista, presuntuosa, piagnucolosa e si accanisce a struggersi d’amore per John, un uomo che le concede solo briciole del suo tempo, condite da promesse mai mantenute, delusioni e false speranze. Ed è talmente accecata da non riconoscere l’uomo che sarebbe giusto per lei neppure quando ci va a sbattere contro. Non vede altre possibilità al di là del suo naso, ferisce con facilità i sentimenti altrui, calpesta egoisticamente ciò che non le appartiene, sfrutta le persone e batte la fiacca al lavoro.

Si tratta, quindi, di un romance di serie A, ma con diversi limiti importanti. Anche i due finali, che poi si fondono in quella che si vorrebbe vedere come un’unica sinfonia dell’amore trionfante, ha le sue pecche e stavolta le parti si invertono. Il lieto fine delle peripezie di Jennifer è esageratamente scontato e non necessario in quella forma. Invece il rinsavimento sentimentale di Ellie è appagante e apre ad una più realistica speranza, alla portata di tutte.



 
 
 

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