RECENSIONE - Matt Haig, Ragioni per continuare a vivere
- Alessandra Spanò
- 18 gen 2022
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 5 feb 2024
AUTORE: Matt Haig
TITOLO: Ragioni per continuare a vivere
FORMATO: libro cartaceo in brossura
CASA EDITRICE: edizioni e/o
ANNO DI PUBBLICAZIONE: prima edizione 2015; seconda edizione 2020 con una nuova introduzione dell'autore;
PAGINE: 285
PREZZO: 16,50 euro.
Incantata dal romanzo La biblioteca di Mezzanotte, con tutti i suoi risvolti filosofici sul tempo, la libertà, il senso dell’esistenza ed il ruolo della scelta, saputo che il suo autore, Matt Haig, aveva scritto anche libri di saggistica “leggera”, cioè non specialistica, ho scelto di leggere Ragioni per continuare a vivere. Mi sono trovata tra le mani un libro sfuggente ad una catalogazione precisa: in parte è uno scritto di ricordi, in parte un manuale di auto-aiuto, in parte un prontuario di consigli. La lettura è scorrevolissima grazie sia alla scrittura di Haig, sia alla costruzione dei capitoli che sono tutti o brevi o brevissimi o microscopici.
Il tema è quello delicatissimo della depressione. Nel caso di Haig si tratta di un tipo di depressione con attacchi di panico e istinti suicidi. Bisogne premettere che Haig parla della sua esperienza, unica e irripetibile e delle sue strategie di vittoria, anch’esse uniche e irripetibili. Non vuole dare consigli in generale, ma parlare della sua personale esperienza.
Un atteggiamento che ho subito apprezzato da parte dell’Autore è lo stigmatizzare la tendenza diffusa a considerare le malattie mentali come malattie di serie C o addirittura a confondere la depressione con una semplice “tristezza”. In realtà, mentre il corpo ha i suoi limiti, l’anima (o la mente, intesa come parte di essa) no: quindi l’anima può soffrire infinitamente di più del corpo.
La depressione non è nostalgia, tristezza o malinconia, ma è desiderio del nulla, originato dalla convinzione che non ci siano vie d’uscita per il male che proviamo. E’ un cancro che vampirizza l’anima e ne assorbe tutto il bene e i desideri di felicità. Per questo molti depressi desiderano la morte e contemporaneamente ne hanno terrore (ecco gli attacchi di panico).
I dati che Haig riporta per gli Stati Uniti sono molto allarmanti: sono moltissimi i suicidi per depressione.
Una parte che ho apprezzato molto di questo libro è la parte quindi, in cui Haig deplora l’indifferenza e le noncuranze con cui i malati di depressione fanno purtroppo quotidiana esperienza. Indifferenza e noncuranza spesso accompagnate con odiose frasi di circostanza, tanto banali quanto offensive, che non ci si sognerebbe mai di rivolgere ad un tetraplegico, ad un malato di tumore, di leucemia, di AIDS, ecc.
Mi sono accorta che Haig non è molto favorevole all’uso dei farmaci nella cura della depressione: basterebbe un sano tenore di vita, psicoterapia e buone pratiche quotidiane per uscire pian piano dal tunnel. Certo, nel mondo anglosassone l’uso di psicofarmaci è diffusissimo anche per i bambini, le diagnosi spesso sono affrettate e non accompagnate dall’obbligo di una psicoterapia, ma se ci si rivolge a psichiatri seri e coscienziosi, il problema non si dovrebbe porre. Il puntare il dito con insistenza sullo yoga e non sulla serotonina può fare del bene a qualcuno, ma devastare altri. Questo è il rischio della divulgazione non specialistica. In realtà la depressione è al 90% un mistero, perché noi siamo un mistero a noi stessi. Lo avevano intuito anche i filosofi greci quando sostenevano che “La verità dimora nel profondo” (Democrito) o, con maggiore chiarezza “Tu non troverai i confini dell’anima, per quanto vada innanzi, tanto profonda è la sua ragione” (Eraclito).
L’origine della depressione è pressoché sconosciuta, se la cerchiamo all’interno del nostro cervello e le teorie si accavallano e si scontrano.
Neppure sono molto ben compresi da chi non li vive, gli attacchi di panico, che Haig acutamente chiama “agonia mentale”.
Se la parte autobiografica è quella che ho trovato meno stimolante, di sicuro alcuni dei consigli pratici che Haig fornisce al lettore possono risultare illuminanti. L’unico aiuto su cui nessuno dubita è il ruolo decisivo svolto dall’amore dato e ricevuto. L’amore guarisce e sana, lentamente, ma inesorabilmente. L’amore colma ogni nostro vuoto, ma bisogna abituarsi a recepirlo.
La lettura è cura dell’anima: leggere è via di salvezza, così come, in certi casi, lo è il viaggiare e il fare attività fisica.
L’essere ricchi e famosi non salva dalla depressione, tutt’altro. E purtroppo la società prestazionale in cui siamo immersi favorisce l’insorgere della depressione.
Il libro ci pone realisticamente davanti ad una guarigione fra alti e bassi, fra passi avanti e passi indietro. Ho trovato molto convincente il richiamo all’accettazione completa di noi stessi, dei nostri punti di forza e delle nostre inevitabili fragilità, dei nostri pensieri felici e di quelli tragici, cupi. Noi siamo noi, non siamo i nostri pensieri e questo vuol dire intraprendere la via della guarigione.
Questo libro va quindi letto cum grano salis, intelligenza e spirito critico, ricordandoci che ognuno soffre a modo suo e guarisce a modo suo. Sembra una battuta, ma non lo è affatto. Grazie a Matt Haig che ci ha dato le sue #reasonstostayalive.

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