RECENSIONE - Tracce dal passato di Louise Penny
- Alessandra Spanò
- 4 feb 2024
- Tempo di lettura: 2 min
Per me Louise Penny è da tempo una garanzia nel genere thriller. Ho letto tutto quello che è stato pubblicato di suo in Italia e mi ha incantata non solo per l’originalità delle storie e dei personaggi, ma anche per l’aura estremamente umana in cui il delitto (inteso in senso largo) è visto. C’è sempre spazio alla fin fine, per la speranza, l’amore, l’amicizia, la vicinanza autentica con chi soffre o gioisce. E poi c’è lui, il commissario Gamache che pur non facendosi illusioni sulla capacità umana di commettere il male (dalla semplice e inutile menzogna al delitto più efferato), pur subendolo in modo devastante in prima persona, non diventa mai cinico, disilluso e crudele come i mostri che combatte, ma pur perseguendolo implacabilmente e cercando la verità senza sconti, non rimane interiormente inerte e vittima morale davanti ad esso. La piccola comunità di Three Pines diventa il piano metaforico della lotta che ogni uomo costantemente deve compiere dentro di sé per mantenersi, appunto, uomo.
Questo nuovo romanzo di Louise Penny non l’ho trovato né il migliore, né il più riuscito e, in sostanza mi ha delusa alla grande.
Innanzitutto l’intreccio è su vari piani temporali che però sono, specialmente nei capitoli iniziali, mescolati insieme e divisi da semplici paragrafi: confusione garantita. L’ incisività di certi personaggi fissi è sbiadita e fin troppo sfumata.
Vi sono errori marchiani che mi hanno fatto rimanere incredula: Amelia che impara il greco per «leggere Socrate» (sic!).
La questione della caccia alla presunta strega che nel 1672 sarebbe stata mandata al rogo è invece più preoccupante dal punto di vista storico: c’è e si sente un forte pregiudizio contro la chiesa cattolica sulla quale vengono riversati molti atteggiamenti e dottrine tipiche invece della dottrina calvinista-puritana. Nella nota finale, in mezzo rigo (dopo un intero libro di allusioni e accuse calunniose) l’autrice ammette che la presunta strega fu riconosciuta innocente e liberata.
Tutto il libro è poi pervaso da una forte ideologia femminista. Tutti i libri che ho letto di Penny hanno tra i loro innumerevoli pregi quelli di non essere mai sfiorati da alcuno sottofondo ideologico. Questo cambio di rotta è stato per me un’altra nota stonata, anche perché non è ben amalgamato nell’insieme del romanzo, ma è posticcio, spalmato senza amalgama ed emergente in alcuni punti della storia come un banale tributo al politicamente corretto.
Riguardo al comportamento dei ragazzi del Politecnico di Montreal dell’89, davanti all’eccidio delle loro colleghe, mentre nel romanzo li si fa passare per vili conigli, nella realtà si sono dati da fare per salvare le ragazze e portare loro i primi soccorsi. Anche questo è relegato in un rigo nella nota finale.
L'unica parte veramente interessante, appassionante e ben congegnata è quella riguardante il misterioso dipinto seicentesco rielaborato per l'uso: in quelle pagine il mistero si tocca con mano in modo veramente avvincente.
Per tutto il resto, che delusione, Louise Penny!

Comments